Bitonto fuori dalla logica di Consumo di Suolo. La parte utile del Consiglio Comunale sul Fotovoltaico

Consiglio Comunale Fotovoltaico

Bitonto, 20 Giugno 2025 – La giornata di Venerdì scorso sarà ricordata a lungo a Palazzo Gentile. Un Consiglio Comunale monotematico sul fotovoltaico in località “Pozzo delle Grue” che sembrava non dover finire mai e poi l’epilogo improvviso con la brusca interruzione per via di un acceso diverbio tra un assessore, più volte bersagliato, e il consigliere di opposizione che in quel momento stava addirittura minacciando un ricorso in Procura.

Una maggioranza inesistente ha poi reso nulla un’assise durata in bel po’ di ore.

Ogni volta che interveniamo noi in un consiglio comunale succede qualcosa di memorabile! Sarà forse colpa nostra?

Non sappiamo esattamente quale sia stata l’ultima goccia, ma forse con un po’ di karma si sarebbe potuto portare a compimento addirittura una visione comune. Visione comune che noi abbiamo invocato per le nostre proposte. 

Al di là di un po’ di retorica, di un po’ di strumentalizzazione, di qualche sproloquio, di qualche inesattezza, forse qualcosa di buono poteva venir fuori, Venerdì.

Ok, è vero, forse c’è stata troppa retorica, troppa strumentalizzazione, troppi sproloqui, troppe inesattezze. E anche troppa lungaggine negli interventi. Noi abbiamo letto il nostro intervento a ritmo sostenuto per restare nel tempo consentito di 10 minuti, mentre quasi tutti gli altri raddoppiavano allegramente il minutaggio.

Ma, superando tutto questo, in questa seduta così accesa, tutti i presenti erano comunque accomunati dall’obiettivo di un futuro energetico sostenibile che non annienti la nostra terra e la nostra storia. 

E sul futuro abbiamo chiesto e chiediamo di concentrarsi, affinché l’Italia, la Puglia, raggiungano i target ambiziosi del 2030 per le fonti pulite, ma in una modalità che NON può prescindere dal rispetto del nostro territorio e della sua vocazione. Perché “Tradire questa vocazione significa tradire noi stessi” (A. Putignano).

Sul Canale YouTube "Comune Bitonto" puoi vedere
il Consiglio Comunale sul Fotovoltaico
fino al momento in cui è stato interrotto.

(Da 1:24:08 parte l'intervento di AèV)

“Bisogna capire cosa si legge”

La consultazione pubblica è stata aperta alle associazioni ambientaliste, ai tecnici coinvolti nel procedimento e alle organizzazioni di categoria. Molti hanno offerto il proprio contributo. Solo i consiglieri di maggioranza sono apparsi un po’ intimiditi. 

Non tutte le considerazioni espresse si sono rivelate pertinenti rispetto al tema trattato, ma alcune sono degne di nota.

I consiglieri di opposizione hanno reclamato l’assenza di trasparenza da parte della Giunta durante l’iter procedurale del progetto in questione. Effettivamente, fin da subito l’Amministrazione avrebbe potuto coinvolgere quanto meno le realtà locali che si occupano di ambiente e territorio. Ciò non avrebbe cambiato l’esito della Conferenza di Servizi, ma quanto meno avrebbe evitato strumentalizzazioni di vario genere.

Si è discusso della possibilità di imporre vincoli al progetto presentato: dirottare l’energia elettrica prodotta verso una Comunità Energetica (CER), prescrivere una tecnologia specifica o pannelli di materiali diversi, presentare luoghi alternativi per posizionare l’impianto.   

Francesco Toscano ha proposto l’agrivoltaico, con “pannelli solari sospesi da terra compatibili con la produzione agricola” come soluzione da imporre alla società proponente GDR Solar. Un’idea condivisibile, purtroppo però trattasi di una struttura non logisticamente possibile in presenza di alberi di ulivo. 

Spesso l’energia prodotta da grandi estensioni di pannelli fotovoltaici viene venduta a grossi complessi industriali. Le grandi aziende acquistano energia rinnovabile in quanto il risparmio economico in larga scala è ovviamente superiore a quello per il singolo consumatore. Per le loro produzioni energivore non basta l’energia pulita prodotta sui tetti dei propri capannoni o negli spazi liberi delle loro proprietà, per cui si rivolgono ad agenzie che cercano sul territorio grandi impianti di energia rinnovabile, e quindi, probabilmente, non sarebbero interessate a far parte di una CER, qualora anche ce ne fossero in zona. D’altro canto che grosse industrie si alimentano di energia pulita dovrebbe rappresentare una buona notizia, se non venissero sacrificati terreni orgogliosamente agricoli.

In assoluto, in una richiesta di Autorizzazione Unica ci si deve esprimere solo se si può procedere o meno nel territorio individuato dal proponente. Non si può chiedere di farlo in altro luogo, né con la tecnologia che più ci aggrada, né tantomeno si può imporre di inserire l’impianto in una CER, per la quale non v’è obbligo alcuno per nessun produttore, nemmeno per un privato.

Questa è la realtà dei “procedimenti semplificati” che i politici sbandierano. 

La storia degli ulivi preesistenti: tra carta e realtà

In aula consiliare è stata letta una nota dell’’ingegnere Angela Barile incaricata dalla ditta committente: “Gli alberi da espiantare che si trovano in buone condizioni saranno reimpiantati presso nuove particelle della stessa proprietaria” interpretandola come una rassicurazione sull’esistenza di questi alberi sani. In realtà non sancisce che ci siano effettivamente ma dispone nel caso ci fossero. 

Come intuito dalla consigliera Carmela Rossiello, nessuno di quegli ulivi è stato risparmiato dalla pena capitale, nemmeno quelli della fascia di rispetto prospiciente la strada vicinale “San Martino”, in quanto il rapporto di un agronomo dello stesso committente ne certifica lo stato di “deperimento”. 

L’ex responsabile di servizio per conto del Comune di Bitonto, Giampiero Di Lella, è stato perentorio citando la determina dirigenziale finale: “La società proponente ha fatto richiesta di espianto per i 2100 alberi presso la competente sezione regionale, la quale ha autorizzato l’espianto dei 2100 alberi addirittura prevedendo il NON reimpianto e prevedendo la clausola che il NON reimpianto poteva essere evitato qualora la società proponente nel corso di 2 anni avesse acquisito terreni liberi e idonei ad eseguire il reimpianto“.

E come ci ha ricordato Domenico Mariani dell’ASI, con una punta di fatalismo: “Fatta eccezione per quei cordoli di recinto, sicuramente non saranno stati reimpiantati, ma la prescrizione era quella“.

E qui veniamo al punto chiave. Come ha raccontato lo stesso Di Lella, la storia dell’autorizzazione ha un finale cinico: “La sezione regionale inteso, nei limiti delle proprie attribuzioni di autorità competente, di superare il parere negativo della sezione regionale del paesaggio, ha chiuso la conferenza dei servizi”. 

Ma noi che non ci fermiamo alle carte, chiediamo: chi ha mai verificato la condizione di quei 1600-2100 ulivi? La Regione o il Comune hanno avuto l’occasione per obiettare al rapporto di un agronomo di parte che li certificava in “cattivo stato”? La fascia di rispetto stradale e la fantomatica siepe di Photinia, alta 2-2,5 metri, promesse per mitigare l’impatto? Il nostro sopralluogo ha rivelato che semplicemente NON ESISTONO.

Il “buco” legislativo: Serve soluzione della politica regionale e nazionale

Dobbiamo essere crudi: questi dettagli – le rassicurazioni non verificate, la fascia di ulivi e le siepi inesistenti, i pareri negativi superati, le clausole di “non reimpianto” – NON AVREBBERO IMPEDITO L’INSTALLAZIONE DELL’IMPIANTO. Al massimo, qualora si fosse obiettato, avrebbero prodotto qualche multa, un ritardo. 

Ma gli ulivi, quelli, SONO PERSI. La nostra urgenza non è ritardare l’inevitabile, ma pretendere che, dato il danno, “almeno ora, questi pannelli, cominciassero a contribuire con l’energia rinnovabile a raggiungere gli obiettivi regionali e nazionali del 2030“. 

Non ci interessano le schermaglie politiche, Il punto è ben altro. 

Il vero, drammatico problema è impedire che NUOVI TERRENI AGRICOLI subiscano l’assalto indiscriminato. Con il Decreto Agricoltura (DL 63/2024), pur più restrittivo, l’enorme zona ASI di Bitonto-Giovinazzo, di fatto agricola, è ancora a rischio invasione. Una minaccia inaccettabile.
Ne avevamo già parlato in un precedente articolo.

Il tavolo tecnico comunale con associazioni e consulte per individuare aree idonee, più volte evocato durante il consiglio, sarebbe uno spreco di tempo ed energie senza valore legale. 

La soluzione deve essere immediata e politica! Le aree idonee devono indicarle la Regione Puglia per legge, attraverso i propri esperti tecnici. 

Del resto, come ci ha ricordato Beppe Cazzolla, “La recentissima Sentenza del TAR Lazio numero 9155 del 12 maggio 2025 ha annullato i commi 2 e 3 dell’articolo 7 del DM 21/06/2024 che attribuiva alle regioni la facoltà di individuare le aree idonee e non idonee… Siamo pertanto in attesa che il Ministero dia attuazione ai nuovi criteri da seguire”. Tradotto: c’è ancora molto da aspettare!

Questo rende ancora più ininfluente l’eventuale individuazione autonoma di zone adatte da parte degli enti e organizzazioni locali, e soprattutto, rende ancora più urgente la vera strada da seguire: l’uscita dal Consorzio ASI o la riduzione drastica della zona industriale.

Veniamo quindi alla vera essenza del problema e alle nostre proposte.

Bitonto fuori dal Consorzio ASI

Il Consiglio ha visto interventi di chiara lucidità, tra cui quello del direttore dell’Area Sviluppo Industriale Puglia, Domenico Mariani, che ha cercato di spiegare cinicamente come sia tuttora possibile realizzare un impianto in quel tipo di terreno, al di là della retorica che fluttuava nell’aria. 

Mariani ha chiarito che “il terreno è di 15Ha, l’hanno riempito con 15Ha di pannelli” e che “le infrastrutture industriali hanno facoltà di riempire gli spazi liberi delle loro proprietà con pannelli in quanto non fanno cubatura“. La riprova tangibile sono le aziende che stanno riempiendo con impianti fotovoltaici gli spazi liberi delle loro proprietà. 

Mariani ha anche ammonito: “Se quel territorio costituisce un valore per l’economia di Bitonto, togliamolo, cambiamo la destinazione, usciamo dall’ASI. Perché vi assicuro che tra 30 giorni voi avrete un altro problema“. 

La sua visione è quella di un ASI che ha esaurito i suoli in altri luoghi e si sta spostando nella zona di Bitonto prevedendo non solo “fotovoltaico a terra” ma anche “capannoni“.

Le nostre proposte

Noi parliamo la stessa lingua di chi esorta a “modificare quelli che sono i nostri stili di vita” (Beppe Cazzolla) per evitare “l’overdose”. Lo ripetiamo spesso e continueremo a farlo. Ma qui e ora la nostra istanza è più definita e pratica. 

Alla disputa continuata anche sui media, noi rispondiamo con le nostre proposte, chiare e inequivocabili, che abbiamo presentato in Consiglio:

  1. A livello comunale/provinciale: LA RI-TIPIZZAZIONE DEI TERRENI NELLA ZONA ASI da industriali ad agricoli
    • Se NON sono previsti investimenti industriali concreti: Basta con l’IMU industriale inutile per chi coltiva! Solo così si blocca l’invasione di fotovoltaico su suolo agricolo.
  2. LA RI-TIPIZZAZIONE DEGLI STESSI TERRENI IN ZONA ASI da industriali ad agricoli
    • ANCHE E SOPRATTUTTO SE sono previsti investimenti industriali: Al Sindaco, che ha annunciato un imminente incontro in Regione per la programmazione di 16,7 milioni per lo sviluppo industriale, rispondiamo che se sono previsti investimenti, a maggior ragione dovremmo uscire dal Consorzio. 
  3. A livello regionale: CHIEDERE ALLA REGIONE DI LEGISLARE SULLE AREE IDONEE PER GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI, appena chiarita la norma.
    • SALVAGUARDARE i terreni agricoli da qualsiasi piano di industrializzazione. L’estensione delle zone ASI in Puglia è tale che pensare a una loro piena industrializzazione è irrealistico e, soprattutto, ingiusto. 
Puoi leggere qui il testo del nostro intervento al Consiglio Comunale del 20 Giugno 2025.

Noi chiediamo che Bitonto abbandoni il Consorzio ASI o che ne riduca parecchio l’estensione. Magari si allarghi la zona industriale sulla SP231 in terreni ormai compromessi, come ha ribadito Domenico Damascelli, in un’ottica di pianificazione seria e non di svendita.

La nostra posizione è cristallina: ERADICARE ULIVI PER CAPANNONI INDUSTRIALI SAREBBE ANCHE PEGGIO CHE PER PANNELLI SOLARI!

L’unione fa la tutela

Se siamo d’accordo che il cuore della nostra identità agricola è a rischio, se “Bitonto è città dell’olio non per caso, questo titolo non è un’etichetta turistica ma il riconoscimento di una vocazione secolare” (Arcangelo Putignano), se “anche l’agricoltura crea indotto, fa circolare moneta, produce occupazione tanto quanto [l’industria], forse anche di più” (Damascelli), allora non ci fermiamo alla radiografia di questo progetto allo scopo di trovare una malattia pregressa.

Piuttosto dotiamoci subito di anticorpi e impegniamoci per eliminare l’esposizione ad altri rischi anche peggiori dal lato paesaggistico e ambientale.

Superando le polemiche prima, durante e dopo il consiglio comunale, anche se la sua brusca conclusione ha impedito eventuali risultati politici concreti, proponiamo che maggioranza e opposizione si uniscano, con un approccio inclusivo (termine caro ad un consigliere), per mettere in discussione il ruolo del consorzio ASI sui terreni agricoli di Bitonto, compiendo una scelta coraggiosa e tutt’altro che indolore. Successivamente si potranno valutare le diverse opzioni possibili.

Ambiente e salute NON SONO IN VENDITA nemmeno per milionate di euro. Le scelte sbagliate del passato ci hanno già presentato un conto salato. Il prezzo da pagare per continuare su questa strada è la sopravvivenza stessa. Perché “Ambiente è Vita” e, senza Vita, noi non viviamo.