Il biogas, una miscela di metano, diossido di carbonio e solfuro di idrogeno, prodotta attraverso la digestione anaerobica dei materiali organici, viene proposto come una soluzione chiave per la produzione di energia rinnovabile. Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela una serie di criticità e sfide legate alla tecnologia del biogas e alla sua gestione.
La Tecnologia del Biogas: Processi e Sfide
Il processo di produzione di biogas richiede condizioni specifiche di temperatura e assenza di ossigeno, e può essere soggetto a problemi gestionali significativi, specialmente per quanto riguarda la gestione del digestato liquido e solido, che può contenere composti tossici e patogeni immunoresistenti ed emette esalazioni maleodoranti.
Direttiva Europea 851/2018/CE: Sfumature Normative
La direttiva europea 851/2018/CE, recepita in Italia attraverso il D. Lgs. 116/2020, ha sollevato dubbi sui dichiarati obiettivi di riciclaggio per questo tipo di recupero di energia, poiché l’introduzione del “recupero di materia” esclude l’energia derivante dalla digestione anaerobica dalla conformità all’economia circolare. Questo ha evidenziato la necessità di una revisione delle politiche vigenti per affrontare adeguatamente il recupero di energia da fonti rinnovabili.
Biogas come soluzione dei Rifiuti Zootecnici
Gli impianti di biogas offrono una soluzione per il trattamento dei reflui zootecnici, risolvendo il problema delle eccedenze prodotte dagli allevamenti intensivi. In pratica, permettono di evitare l’eccessiva concimazione dei terreni, che potrebbe portare a un accumulo di nitrati dannosi. Le normative limitano l’uso di tali reflui come fertilizzanti, imponendo restrizioni stagionali per evitare danni ambientali. Gli escrementi in eccesso rimangono a carico degli allevamenti che a loro spese devono contenere i reflui non utilizzati in apposite vasche. In questo modo gli allevamenti hanno convenienza a vendere la cacca in più agli impianti di biometano.
Ora però non immaginiamo romantiche fattorie con simpatici animali liberi di scorazzare gioiosi. Molti di questi produttori di rifiuti animali sono in realtà allevamenti intensivi utili per la produzione di carne e altri prodotti industriali derivanti da animali tenuti in gabbia, con ripercussioni anche sulle emissioni di ammoniaca nell’aria.
È importante sottolineare che una soluzione sostenibile richiede un approccio olistico. Anche in questo caso, dovremmo considerare la riduzione del consumo di carne e la transizione verso un’economia più sostenibile e rispettosa dell’ambiente, avvicinandoci a uno stile di vita più in armonia con la natura. Solo attraverso un cambiamento di mentalità e comportamento possiamo realmente affrontare le sfide ambientali che ci troviamo ad affrontare oggi.
Dimensione agricola e centrali su larga scala: gli impianti di biogas in Italia
È quindi ragionevole considerare utili solo i tanti piccoli impianti che gestiscono i rifiuti zootecnici provenienti da allevamenti a scala ridotta e a impatto limitato sull’ambiente circostante.
Storicamente, in Italia, la produzione di biogas ha avuto luogo principalmente nell’ambito agricolo, sfruttando scarti provenienti da attività agricole come biomassa vegetale e deiezioni animali. Secondo il Consorzio Italiano Biogas, all’inizio del 2020, più di 1.500 impianti di biogas erano operativi, di cui 1.200 nel settore agricolo. Attualmente, l’Italia si posiziona già al quarto posto a livello mondiale nel settore biogas, con circa 2.200 impianti operativi, di cui circa 1.730 nel settore agricolo e circa 470 nel settore dei rifiuti e fanghi di depurazione.
Tuttavia, le grandi centrali di biogas che stanno emergendo grazie agli incentivi statali richiedono anche colture agricole dedicate per il loro sostentamento. Questo tipo di impianti, alimentati da coltivazioni specifiche, presenta un bilancio energetico sfavorevole, poiché richiede energia per la produzione agricola e per il funzionamento dell’impianto stesso. L’uso di prodotti agricoli come mais e triticale per alimentare i biodigestori solleva anche questioni etiche, considerando la crescente richiesta di tali prodotti a livello globale e le difficoltà di approvvigionamento in molte regioni del mondo. Per coprire una parte significativa del fabbisogno energetico italiano con biomasse, sarebbe necessaria una superficie di coltivazione pari a tre volte l’intera Italia.
I finanziamenti statali
I grossi impianti biogas/biometano, nei fatti non sono economicamente sostenibili se non grazie ai contributi pubblici.
Secondo i dati ufficiali forniti dal Gestore Servizi Energetici, il finanziamento annuo a fondo perduto per la produzione di elettricità da fonti sostenibili, incluse quelle assimilate come gli impianti a biogas/biometano, ammonta a circa 12 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi di euro sono destinati esclusivamente al biogas. Tuttavia, la produzione di energia da biogas nel periodo 2015-2020 rappresentava solo lo 0.04% del totale, sollevando domande sulla distribuzione dei fondi e sull’efficacia degli investimenti nel settore del biogas.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha incluso il finanziamento per la tecnologia del biogas, una direzione strategica adottata da diversi governi che si sono susseguiti nell’implementazione del Piano (Conte, Draghi e Meloni), secondo cui. Tale decisione si basa sull’assunto che l’economia circolare possa essere favorita dal passaggio dai combustibili fossili al biometano derivato dal biogas. Il PNRR ha assegnato ingenti risorse a questa transizione, sottolineando l’importanza di massimizzare l’energia recuperata da scarti biologici agricoli e agroindustriali, contribuendo alla sostituzione dei combustibili fossili. Le generose agevolazioni pubbliche alla realizzazione di impianti di biogas si concretizzano in contributi in conto capitale con percentuali importanti sulle spese sostenute e incentivi sulla produzione.
Critiche Sollevate dall’ISDE e Proposta di Esclusione dal PNRR
L’Associazione Internazionale Medici per l’Ambiente (ISDE) ha sollevato critiche significative riguardo alla proliferazione degli impianti di biogas, evidenziando rischi per la salute umana e l’ambiente. La proposta dell’ISDE di escludere il biogas dal PNRR è basata su un’analisi dettagliata degli impatti negativi associati a questa tecnologia, richiedendo una rivalutazione urgente degli investimenti per le rinnovabili, con una richiesta pubblica, completa di osservazioni tecniche, sottoscritta da associazioni, comitati territoriali e singoli attivisti, a Marzo 2021.
Il Dott. Agostino Di Ciaula, presidente del Comitato Scientifico Isde, in più occasioni ha fatto notare che molte iniziative imprenditoriali nel settore del biogas sono state sostenute da incentivi finanziari, spesso senza un’adeguata valutazione dei rischi e dei benefici. Questi incentivi potrebbero spingere la costruzione di impianti costosi e potenzialmente pericolosi, i quali, senza il supporto finanziario, potrebbero essere difficilmente realizzabili e gestibili da operatori privati. Inoltre l’incremento della loro presenza in Europa è stato accompagnato da un aumento degli incidenti durante le fasi operative che solleva preoccupazioni sulla sicurezza degli impianti stessi e sulle misure messe in atto per prevenire tali eventi.
Puoi visionare il video dell'intervento del Dott. Di Ciaula, di Marzo 2023 a Modugno, in occasione di un convegno sul Biogas sostenuto da Ambiente è Vita
L’associazione dei medici sostiene che la dipendenza da questa tecnologia potrebbe non essere sostenibile a lungo termine e richiede una rivalutazione delle priorità nel contesto dell’attuale crisi climatica e ambientale.
Impatti Ambientali a Lungo Termine e Preoccupazioni Sanitarie
Approfondiamo alcuni dati su cui si basano le critiche ai contributi agli impianti di Digestione Anaerobica.
Il digestato liquido, caratterizzato da una concentrazione elevata di cloro, richiede trattamenti specifici per ridurre la salinità. La frazione solida del digestato, sebbene possa presentare una salinità più bassa dopo il trattamento, richiede comunque una fase di compostaggio aerobico per garantire un utilizzo compatibile con le pratiche agronomiche.
La conversione dell’azoto organico in ammoniaca durante la digestione anaerobica e la presenza di componenti indesiderati come metalli e fenoli rappresentano ulteriori criticità. Anche il biogas, una volta purificato in biometano, continua a presentare problemi simili a quelli derivanti da qualsiasi tipo di combustione, con possibili rischi per la salute umana e l’ambiente.
Altre possibili rischi a lungo termine derivano dalla presenza di patogeni, batteri sporigeni come i clostridi e concentrazioni elevate di fenoli e altre sostanze altamente tossiche nei digestati, sollevando ulteriori preoccupazioni riguardanti la gestione sicura dei sottoprodotti derivati dalla digestione anaerobica.
La fermentazione anaerobica, favorendo la crescita di batteri sporigeni come il clostridium botulinum, comporta rischi significativi per la salute degli animali d’allevamento (proprio loro!) e delle persone quando il digestato viene utilizzato come concime nei campi.
La produzione significativa di formaldeide solleva preoccupazioni gravi per la salute pubblica in quanto è stata classificata dall’Agenzia nazionale per la ricerca sul cancro come un cancerogeno certo, anche se in Italia è consentita.
Biogas in Puglia: Un Passo Controverso
La recente decisione dell’Acquedotto Pugliese di installare 17 nuovi impianti di biogas ha generato un dibattito acceso. Sebbene si miri a promuovere l’autosufficienza energetica e ridurre le emissioni, ci sono preoccupazioni legate alla gestione dei sottoprodotti, all’uso intensivo di terreno agricolo. Inoltre, il potenziale impatto ambientale del trasporto e della produzione su larga scala richiede una valutazione approfondita per garantire un equilibrio tra benefici energetici e sostenibilità ambientale.
Questi impianti, distribuiti strategicamente in sei province pugliesi, rappresentano un significativo investimento di 27.450.000 euro, con una produzione stimata di 16,5 gigawattora all’anno e una riduzione prevista delle emissioni di CO2 di almeno 2.200 tonnellate all’anno.
A questi si vanno ad aggiungere gli impianti proposti da altri gestori, solo negli ultimi anni, sui territori di Modugno, Terlizzi, Sannicandro e Acquaviva, per i quali il nostro comitato ha partecipato alla discussione pubblica.
La rapida proliferazione di nuovi progetti di biogas/biometano negli ultimi anni evidenzia come molti imprenditori tendano ad investire dove ci sono incentivi finanziari, senza necessariamente considerare pienamente gli impatti ambientali e sociali di tali progetti.
Conclusioni
Il termine “bio” (vita) evoca valori positivi e un’idea di naturalità, portando ad associare le relative tecnologie alla cosiddetta “green economy”. Nel contesto del biogas invece, questo prefisso si riferisce alla bioconversione, ovvero l’approccio biotecnologico che coinvolge l’uso di organismi e processi biologici nell’industria.
La produzione di biometano, contrariamente alle aspettative, non rappresenta un metodo economico né ecologico e non può essere classificata come “economia circolare” o energia da “fonti rinnovabili”.
Si applica l’etichetta di fonte rinnovabile solo se le risorse consumate sono rigenerate nel territorio di origine entro un determinato periodo di tempo.
In pratica, si parla di rinnovabile e circolare solo quando si utilizza lo scarto di un processo precedente per iniziarne un altro, non quando se ne inizia un nuovo.
In conclusione le criticità e gli impatti ambientali significativi richiedono una revisione critica delle politiche e delle pratiche attuali. L’utilizzo di grandi centrali di biogas ha suscitato preoccupazioni per l’inquinamento atmosferico, l’uso intensivo del territorio agricolo e le potenziali conseguenze per la salute pubblica, anche qui in Puglia.
Sebbene gli impianti di biogas possano offrire vantaggi in termini di smaltimento dei rifiuti zootecnici, la vera svolta verso la sostenibilità richiede una riconsiderazione più ampia del nostro rapporto con la produzione alimentare e la natura stessa.
L’equilibrio tra la domanda di energia e la tutela dell’ambiente rimane l’obiettivo primario per una transizione efficace verso un futuro energetico più verde e sicuro.